G.F. OBIETTIVAMENTE - PARMA - TOTEM DELL'ETERNA GIOVINEZZA

LA VECCHIAIA CHE NON SI NASCONDE COME ANTIDOTO
DEL TABÙ DELLA VECCHIAIA
I Totem della modernità non si presentano mai con norme scritte da osservare ma
attraggono le persone con i vari mass media, in modo leggero e gradevole, facendo
leva non sul bisogno ma sul desiderio, agendo su corde sensibili dell’animo
umano: il desiderio di appartenenza, la paura del rifiuto, il desiderio di
realizzazione, di sicurezza, di libertà, la paura della perdità, del rimpianto e del
cambiamento.
Questi Totem parlano al singolo per ottenere un risultato comportamentale di
massa, utilizzando messaggi che hanno lo scopo di indurre il desiderio di qualcosa
che promette la libertà, la felicità, l’evasione, la distinzione sociale animata da una
continua euforia.
Messaggi, e conseguenti comportamenti, traggono origine nel mondo
dell’apparenza che prevale su quello dell’essere, propinandoci modelli di
giovinezza, bellezza, perfezione corporea, che sembrano schiuderci le porte ad
esperienze e ad una vitalità` più appaganti.
L’invecchiamento presenta da sempre una certa ambiguità: da un parte l’anziano
è percepito con rispetto come fonte di saggezza.
Dall’altra, è oggetto di emarginazione, espressa con il rifiuto.
Se un tempo l’anziano era visto con rispetto, la sua esperienza ascoltata, la sua
saggezza apprezzata, oggi è spesso percepito con fastidio. O meglio con la
difficoltà di riconoscere nella fragilità della vecchiaia gli uomini e le donne che
conoscevamo.
Perché la vecchiaia è – in molti modi ed in molti casi – disprezzata.
Perché porta l’evidenza inconfutabile del congedo dal mito dell’eterna giovinezza
e da questa aspirazione.
La vecchiaia nella sua fragilità, nella sua “imperfezione” ci ricorda la nostra
fragilità, o meglio quella a cui arriveremo o che temiamo: quella dell’inutilità e
dell’attesa della morte.
Per la collettività moderna l’aspirazione ad una “eterna” giovinezza è un vero e
proprio mito, un “totem” mitizzato, venerato, desiderato, adorato.
Tanti trucchi, tanti interventi chirurgici e tanta tecnica si adoperano per
perseguire questo mito dell’eterna giovinezza in tutti i modi: in attesa di
sconfiggere la morte, possiamo tenere in vita il corpo con la medicina, le diete
miracolose e la cosmesi, che rallentano, nascondono, illudendoci di respingere
sempre più lontana la vecchiaia. Dal mito dell’eterna giovinezza molti si spingono
verso un altro mito: quello della giovinezza surrogata che prevede come
soluzione quella di indossare una maschera per nascondere il nostro volto, ma che
purtroppo non nasconde, né risolve le nostre insicurezze..
Dunque se si vuole “rimanere giovani” si deve insegnare al corpo a dissimulare o
mentire. Mentire a chi? Agli altri e a se stessi. A sé come all’altro.
E specchio, bilancia, diete, palestra, cosmesi anti age, interventi chirurgici e tutto
quanto può dare l’illusione di allontanare il declino, diventano le sue ossessioni
illusorie
Perpetuando in tal modo l’illusione di rimuovere il tabù della morte, di rimuovere
l’esperienza e la necessità del limite, di rimuovere l’ingannevole opzione di una
libertà senza limiti.
Perpetuando il totem, altrettanto disperato, dell’assenza dei limiti.

In questi casi, forse, il “lifting” andrebbe fatto piuttosto alle nostre idee, alle
nostre false convinzioni.

Il mito dell’eterna giovinezza non è certo recente, ma è recente la pervasività
dell’idea che solo giovane è bello.

“Un’idea malsana che contrae la nostra vita in quel breve arco di tempo in cui
siamo biologicamente forti, economicamente produttivi ed esteticamente belli,
gettando nell’insignificanza e nella tristezza tutti quegli anni, e sono i più, che
seguono quell’età felice” (U. Galimberti, I miti del nostro tempo, pag.44)

“Invecchiare non è né bello né facile.
Tanto più in una società come la nostra che sogna di specchiarsi eternamente
giovane e performante, per la quale un'espressione come “il peso degli anni “
non allude certo all'autorevolezza insita nell'età senile, ma al peso della
vergogna, dell'imbarazzo, del fastidio procurato dalla vecchiaia al culto moderno
dell'integrità psicofisica»
(F.Stoppa, “Le età del desiderio”)
Invecchiare, come dice James Hillman, in un suo libro «La forza del
carattere», “non è un mero processo fisiologico: è una forma d’arte e solo
coltivandola potremmo fare della nostra vecchiaia una struttura estetica possente
e memorabile”.
Solo interrompendo questo binomio vecchiaia-morte ed introducendone un
altro, quello di vecchiaia-svelamento del carattere, possiamo capire chi siamo
davvero. Invecchiando, come dice sempre Hillman, io rivelo il mio carattere,
quello che “ha plasmato la mia faccia, cioè le mie amicizie, gli amori che ho
incontrato e che ho sognato, i figli che ho generato”.
Mi vengono in mente le parole di una saggia attrice italiana, la Magnani, quando le
hanno detto che dovevano toglierle le rughe, e lei disse: “No, non toccarle! Tanti
anni ci sono voluti per averle: non toccarle!”.

In un mondo in cui l'immagine e l'età sembrano dettare i dettami della società, è
importante riflettere sul vero significato dell'eterna giovinezza: non un obiettivo
esteriore da raggiungere a tutti i costi, ma piuttosto un'espressione di vitalità,
saggezza e felicità interiore.

Bibliografia:
Massimo Recalcati: I tabù del mondo (2017)
James Hillman: La forza del Carattere. La vita che dura (2014)
Angelo Brelich - Tabu, miti e societa. Economia e religione nell'analisi delle
culture. (2007)
Bauman Zygmunt - Cose che abbiamo in comune (2010)
Umberto Galimberti: I miti del nostro tempo (2022)
Francesco Stoppa: Le età del desiderio: adolescenza e vecchiaia. (2021)


Lavoro collettivo: Gruppo fotografico “Obiettivamente” di Parma
Progetto di: Fiorella Pecorari e Ferdinando Lapetina
Tutor: Gigi Montali