RICCARDO VARINI "SILENZI"

nasce nel 1957 a Reggio Emilia. Fondamentali nel suo percorso sono l’incontro con Luigi Ghirri ( 1984) e il “ chiarismo” della scuola di Guidi e Morandi.
Nel 2006 fonda nella sua città una galleria dedicata esclusivamente alla fotografia, luogo d’incontro e formazione e dove tiene i suoi corsi sulla composizione e comunicazione.
Nel 2007 le sue opere sono archiviate da Arturo Carlo Quintavalle e Gloria Bianchino
presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, fra grandi nomi della fotografia italiana. Nel 2009 espone a Fotografia Europea e dai questionari risulta la mostra più gradita dalla critica e dal pubblico. Espone successivamente in molte città italiane ed estere partecipando anche al MIA Fair ( Milano, 2012,2013,2014) Una sua immagine sarà su Le Monde come rappresentativa della fiera stessa , curata da Fabio Castelli.
Le sue opere sono raccolte nei libri “Silenzi” ( Meridiana, 2008, prefazione di A.C. Quintavalle),
“ Luoghi Comuni” ( AbaoAQu, 2013), “ Da Mare a Mare”(NFC Edizioni, Rimini, 2013, testi di Alessandra Bigi Iotti e Giulio Zavatta). Si dedica anche alle letture portfolio e, sempre nel 2013, viene invitato al simposio su Luigi Ghirri organizzato dalla British School di Roma.
Finisce un lungo lavoro ispirato ai pittori fiamminghi e a E. Hopper. A fine 2014 esce la sua monografia, curata sempre da A. C. Quintavalle, edita da Skira.
Dalla collaborazione con diverse gallerie nascono mostre più importanti e internazionali che lo vedono a Berlino, Monaco, Montecarlo , Parigi e Tokio.
Nel 2016 si dedica maggiormente ai suoi seminari e chiude l’anno con una mostra antologica
In dicembre ai Chiostri di San Domenico a Reggio Emilia

Una dimensione senza tempo …

E’ una serie di fotografie che Varini ha iniziato fin dal 1978, quelle che lo caratterizzano maggiormente per un suo linguaggio sobrio, non fatto per stupire ma per invitare alla meditazione.
“Se osserviamo queste foto di Varini, quella foto impressionante del palo col filo, l’orizzonte, e
una traccia grigia appena segnata sotto, il vuoto della neve, l’albero e un fossato pieno d’acqua gelata, se osserviamo il molo con il pescatore sospesi contro un bianco assoluto, salvo il riflesso che segna l’acqua...Se osserviamo tutto questo capiamo che a Varini interessa rendere la dimensione del tempo, un tempo lungo, fermo, che troppe volte nella foto di oggi è stato dimenticato. Un effetto di diradamento, di dilatazione dei tempi Non credo che a Varini piacerebbe una divagazione retorica sulle campagne, sulle nebbie, sulla mitologia della –bassa-, perché quello che lui cerca è un equilibrio di racconto che con il reale non ha nulla a che vedere.
…Altre volte sembra evocare lo spazio metafisico, magrittiano, vicino a quello di Ghirri ma lui
appare quasi renderlo impalpabile, sfarinandone l’immagine, come nella spiaggia con lo scorcio a destra dei pali altissimi colorati..
Isolati fili sospesi in un vuoto di cielo e di acqua, sabbia e cielo impercettibilmente segnati…Che cosa intende dunque raccontare a noi il fotografo?
Forse un racconto di solitudini, dove tutto sembra sfuocare, tutto sembra abbacinato da una morbida luce. Certo la tradizione è quella degli anni ‘ 30, ma c’è molto altro, il mito della Rimini di Fellini, gli spazi vuoti di Hopper, e poi lo sguardo sul naturale dei pittori chiaristi, quelli che vanno da Semeghini a De Rocchi e molti altri ancora.
Le foto di Varini sono molto costruite, molto pensate, e anche per questo credo abbiano su di noi
un impatto forte. Se vogliamo capirne la qualità dobbiamo leggerle come un modo per
trasformare il reale in un lontano, abbacinato ricordo…”

Arturo Carlo Quintavalle