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"L’UMANITA’ FRAGILE" (ALBERTO SORDI)
DAL 25 AGOSTO AL 6 NOVEMBRE
E’ difficile che un attore sfugga all’identificazione con i “suoi” personaggi ed è quindi inevitabile che per il grande pubblico John Wayne sia un cowboy e Peter Sellers uno stralunato commissario di polizia, a prescindere dalle altre figure da loro interpretate.
Di Alberto Sordi si è invece detto che in tutti i suoi tantissimi film abbia messoin scena i limiti antropologici dalla pavidità all’opportunismo – dell’italiano medio di cui sarebbe diventato la più riuscita rappresentazione. Come Spesso succede in questi casi, le semplificazioni contengono un poco di verità ma non la esauriscono perché l’attore romano si è spinto fino a confini ben più ampi sapendo coniugare la
dimensione del grottesco a quella del tragico ma, soprattutto, facendo emergere una capacità interpretativa non certo circoscritta nei limiti della maschera. Per comprendere tutto ciò la fotografia si dimostra un mezzo di grande efficacia nel sottolineare gesti, posture, sguardi tutti da interpretare. Provenienti dall’Archivio della Fondazione 3M, queste immagini sono state scattare sui set di molti dei film di cui Alberto Sordi è stato protagonista e, proprio perché si soffermano sui primi piani e su situazioni che potrebbero altrimenti sfuggire, ci aiutano ad entrare nel suo mondo fatto di personaggi dai nomi quasi onomatopeici – Sasà Scimoni, Ubaldo Impallato, Antonio Mombelli – cui sa dare vita con una espressività ogni volta ricca di sfumature diverse. Dietro lo sguardo severo del maestro di “Bravissimo” e quello baldanzoso del maturo provinciale de “Il diavolo”, le espressioni enfatiche dell’incapace imprenditore de “Il boom” e la normalità tragicamente spiazzata di cui è vittima il protagonista de “Il mafioso” si nasconde un’umanità fragile che si muove troppo, ride anche quando non dovrebbe, fantastica imprese che non porterà a compimento, obbedisce alle direttive borghesi più convenzionali e comunque non dimentica mai di indossare giacca, camicia e cravatta. Talvolta, tuttavia, i personaggi di Alberto Sordi non hanno
avuto bisogno di nascondere la loro dimensione tragicamente dolente: per comprenderlo, basta guardare in queste efficacissime fotografie la delusione che si disegna sul volto del protagonista de “Il maestro di Vigevano” o quel gioco di rimandi con Vittorio Gassman grazie al quale disegna uno dei suoi capolavori interpretativi ne “La grande guerra”.
Roberto Mutti